venerdì 21 marzo 2014

Una passeggiata in Karelia ascoltando IL laulajat

Ora che ho terminato con tesi, tesine e varie ho decisamente più tempo libero, dato che il progetto di invasione in terra di Scozia non mi spaventa AFFATTO U___U.
Ragione per cui, facciamo le pulizie di fino, rimuoviamo libri e dispense dalla ormai poca utilità e discutiamo.

"ALLOOOOORA BAMBINI... DI CHE VOGLIAMO PARLARE?"
"IO IO IO IO IO IO INIZIO IO!!!"
"D'accordo Kantelina... di che ci vuoi parlare?"

Finito il teatrino, vi spiegherò come mai sono così entusiasta. Gli studi condotti per scrivere la mia tesi mi hanno portato verso un mondo innevato e algido (siiiii, il mio mondo *___*!!!) dove possenti guerrieri lungocriniti sfidano i giganti ed i mostri nella millenaria lotta del bene contro il male. Si, sto parlando dell'Edda di Snorri, ma non è qui che voglio condurvi, almeno non adesso. Partendo dalla Foresta di Fangorn mi sono ritrovata ad indagare la figura di Odino ed ho così scoperto un interessante parallelismo con un'altra figura, appartenente ad una cosmogonia sapientemente illustrata da Elias Lönnrot, un uomo che si travestì da contadinello e gironzolò per le lande artiche. Viaggiò tra la Finlandia, la Karelia, la Lapponia e l'Estonia alla ricerca di antichi canti e leggende per compilare uno dei poemi che amo di più al mondo ma che ben pochi conoscono: il Kalevala

Ecco qui, Elias! Non è carinissimo?
Di cosa parla innanzitutto questo poema?
Beh, per dirlo con le parole del mio caro Tolkien, è un'opera che parla 
«di questo “strano
popolo e questi nuovi dèi, questa razza di eroi scandalosi, genuini, non
ipocriti». L'eroe di queste genti (i Finni, se qualcuno più merlo non l'avesse ancora capito) non è un guerriero. Non annienta draghi e non saccheggia tesori. Il loro eroe è Väinämöinen il cantore, a cui si affiancano (Seppo) Ilmarinen il fabbro e Lemminkäinen l’avventuriero i quali si alterneranno durante la prima metà del poema, per poi comparire insieme nella seconda metà, nella spedizione alla conquista del Sampo, uno strumento di cui solo la fantasia può fornirci una descrizione: un "congegno" fornito di un coperchio girevole, tre bocche di mulino e tre radici: una nella terra, una nell'acqua e la terza dentro casa, uno strumento che, pensate un po', produceva l'Abbondanza. 

Bene, dopo questa piccola parentesi (ma piccola piccola) sui tre protagonisti, voglio concentrarmi sul mio "secondo"preferito, Väinämöinen, il cantore di Kaleva. Figlio di Luonnotar, la dea dell'Aria e del Cielo (o Ilmatar) e nato già vecchio dopo 700 anni di gestazione, primo di tutti gli uomini, fu colui che assistette e che fu partecipe della creazione del Mondo. 
E come lo creò questo mondo? A tonfi di spada? A colpi d'ascia? Gettando ingredienti casuali in un enorme calderone gorgogliante?
Niente di tutto questo. Così come il "cugino" greco Orfeo (si, perchè nonostante si trovassero in pizzo al mondo, i Finni riuscirono ad entrare in contatto con i Greci) incantava animali e umani, vivi e morti con la sua musica, la forza dell'eroe 
Väinämöinen stava nella parola. Quanti altri eroi di un ciclo epico sono in grado di crearti il mondo utilizzando le parole, ci pensate? Forse c'è solo Eru Iluvatar, di cui ho già ampiamente parlato precedentemente e che, come ricorderete, potrebbe scherzosamente venir definito la sua "reincarnazione" nell'universo di Arda. Ci tengo inoltre a ri-sottolineare come il Kalevala si distacchi parecchio dagli altri poemi epici come quelli di Omero o quelli germanici proprio per ciò di cui parla: non vi sono grandi guerrieri o epici scontri ma maghi, cantori, fabbri, più simili ai bardi o agli aedi greci (e sicuramente molto ma molto meno inclini al combattimento) che a Beowulf o ad Agamennone.Väinämöinen è dunque un parlatore, i cui incantesimi altro non sono che la semplice conseguenza del suo
dominio sulla Parola e che lo ricollega chiaramente agli sciamani delle tribù finniche, i cosidetti laulajat (e ci tengo ENORMEMENTE a farvi notare come, a livello morfemico, la parola venga ricondotta al verbo laulaa, cantare). In virtù del fatto che di laulajat non ne esistono più, mi sento in dovere (si, lo so, sono troppo buona), di riportare un po' quel che Lönnrot ha raccolto e di descrivervi questi particolarissimi sciamani. Rapsodi nati da una società elementare e popolare che li ha resi quanto mai lontani dai poeti (e poetuncoli) cui siamo soliti pensare, i cantori del Nord tramandavano il loro repertorio di runot secondo usanze antichissime. I laulajat intonavano i propri runot con un metodo di esecuzione particolarissimo: secondo quanto riporta Lönnrot, essi sedevano vicinissimi, solitamente l’uno di fronte all’altro e tenevano le mani intrecciate, dondolandosi con movimenti ritmici. Quindi il primo, solitamente il più stimato per abilità, competenza ed età, inizia ad intonare un verso, fino alla terzultima sillaba. Il compagno riprende il verso cantato, con un tono leggermente variato finché giunge a sua volta alla terzultima sillaba del verso. Il compagno riprende, e così via, fino alla fine del canto che può essere propiziatorio, poteva voler scongiurare un pericolo et similia.  I due laulajat venivano solitamente accompagnati dal suono del kantele (ohohohoho, non notate nulla?) e Väinämöinen era in grado di incantare con le melodie del kantele tutti gli esseri e gli elementi della natura, conferendo allo strumento una connotazione magica, se non addirittura sacra. Lo strumento aveva il compito di accentuare le caratteristiche ritmiche dell’esecuzione, creando una specie di rapimento estatico simile a quello creato dal tamburo per alcune comunità sciamaniche.

Ancora una volta è al potere costruttore e vivificante della parola che si affidavano i laulajat. Ed è questo l'aspetto che mi ha più entusiasmato: la parola come strumento creatore, vivificatore, magico.
Niente clangori di eserciti, nessuno spargimento di sangue. Ma la parola crea anzichè distruggere ed offendere. E' un popolo, quello finnico, che nulla ha a che vedere con il "guerrafondaio" popolo germanico suo vicino: è un popolo il quale riteneva che
tutte le cose esistenti disponessero di una o addirittura più anime sotto l’aspetto di uno spirito-signore, siano esse cose, animali, piante o esseri umani, animati o inerti: ed è una caratteristica, questa, che si riflette assolutamente nella lingua parlata anche al giorno d'oggi, la quale non è provvista di un genere (ad esclusione di quello grammaticale che agisce tramite suffissi e
particelle per distinguere nomi che si riferiscono ad un essere femminile o maschile, ma queste sono fuffole da linguisti). Le divinità del pantheon finlandese che vengono invocate nel Kalevala hanno davvero poco in comune con i titanici dei del pantheon norreno, germanico o greco: vivono in armonia con la natura che li circonda e sembrano aver instaurato con gli umani un rapporto di reciproco rispetto. Non sono "dei" con la connotazione che siamo soliti attribuire oggi, ma la loro natura divina va ben al di la' del Potere: sono esseri, questi, che vivono considerando l'essere umano quasi un loro pari e lo dimostra il fatto che il Sampo, nel Kalevala, fu creato per DONARE abbondanza alla gente di Kaleva e, ancora di più, il fatto che il saggio Väinämöinen, al momento di ritirarsi, fece dono dei suoi miracolosi canti e del suo strumento, il Kantele agli uomini.

Spero di avervi contagiato un po' del mio amore per questo mondo delicato e misterioso. Se vi ho incuriositi e siete interessati a leggere il poema (oddio, sono arrivata a tanto?) potrete trovare i runot  qui e leggerli e innamorarvene come ho fatto io!


pssst.. il mio personaggio preferito è il Fabbro, Seppo Ilmarinen. E il vostro quale sarà?